Con gli sci per la Svizzera italiana
«Per ricreare (ri-creare) lo spirito e temprare il fisico (servitore dello spirito), nelle rare giornate libere degli inverni scorsi, vagai con gli sci per la Svizzera italiana, senza preferenze o precedenze, come suggerivano le circostanze.» Don Giugni, Lugano, 1939
di Lorenzo Clementi |
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Tempo di lettura: 3 - 4 min
Avevo menzionato il libro Con gli sci per la Svizzera italiana, di Don Giugni, nel post sul Pizzo Bareta, ripromettendomi di dedicargli un articolo. A due anni di distanza, grazie a un periodo di pausa forzata, do finalmente seguito a quell'idea.
Prima di partire domanderemo informazioni circa le escursioni di questa plaga. Quando ci rechiamo nel vicino ristorante per la refezione, vi troviamo persone molto gentili, che ci danno con premura e competenza le indicazioni desiderate.
Don Giugni, prete locarnese residente a Lugano, negli anni precedenti il 1939 ha "vagato con gli sci per la Svizzera italiana" e in questo libro presenta una vera e propria guida sci-alpinistica della regione, corredata da testi e fotografie. La prima cosa che mi ha colpito è la scelta di combinare piacevolmente parole e immagini, associando al racconto delle uscite le relative fotografie, numerose e di buona qualità. Solo l'ultima parte del libro è dedicata a informazioni più tecniche, una sorta di elenco delle gite con relativi tempi di percorrenza e indicazioni pratiche: un approccio che mi ha incuriosito, poiché non molto diverso da ciò che tento di fare in questo blog. Le fotografie, tra l'altro, sono state sviluppate da Vincenzo Vicari, fotografo luganese a cui il MASI di Lugano e la Fondazione Donetta (presso la Casa Rotonda a Corzoneso) dedicano attualmente un’esposizione.
Le riflessioni suscitate dall'opera di Don Giugni sono numerose. Il libro si apre ad esempio con l'autore a bordo di un treno che dal Sottoceneri viaggia verso nord: arrivato ad Airolo alle otto di mattina, raggiunge Ronco Bedretto con l'auto postale, per poi partire con gli sci. Oggi, nel 2021, il primo collegamento da Lugano con i mezzi di trasporto pubblici permette di di raggiungere Ronco Bedretto alle 9:22, non molto diversamente da quanto accadeva ottant'anni fa... o forse addirittura un po' dopo.
Il racconto della salita al Blindenhorn (oggi chiamato Blinnenhorn) è emblematico delle differenze rispetto al giorno d'oggi. In un primo tentativo, non andato a buon fine, il nostro sciatore ha dovuto fare i conti con un vecchio paio di sci, la cui fissazione agli scarponi ha richiesto un gran lavoro di martello: ci si può immaginare come fosse il materiale usato all'epoca. In un secondo tentativo, più fortunato, la comitiva giunta in capanna trova sì il locale invernale aperto, ma senza il guardiano e deve dunque razionare il cibo previsto per il giorno successivo. Negli anni trenta del Novecento, non c'erano cellulari o pagine Facebook su cui verificare le informazioni relative alle capanne.
Certi squilibri atmosferici hanno provocato il vento che si adira sempre più, solleva turbini di nevischio, mentre salgo verso il Bar, dopo di aver rimesso le pelli di foca. In vetta i cornicioni impressionanti, che il vento ha sollevato e plasmato nei passati giorni, mi dicono quale sia stata la sua azione prepotente!
I tempi di percorrenza indicati, considerando il materiale in uso all'epoca, non sono totalmente fuori luogo nemmeno per i giorni nostri e le distanze proposte sono notevoli.
Il libro di Don Giugni è reperibile nelle biblioteche ticinesi e chi pratica lo sci-alpinismo in Ticino troverà piacevole sfogliarlo. L'inverno ricco di neve che stiamo vivendo può fare da cornice ideale alla lettura, ad esempio i capitoli dedicati alla Gazzirola e al Monte Bar, che quest'anno appaiono un po' più simili alla descrizione di ottant'anni or sono.
Tutte le fotografie di questo articolo sono tratte dal libro Con gli sci per la Svizzera italiana di Don Giugni, Lugano, 1939.
Joël [martedì 2 febbraio 2021, 12:19]
Toller Beitrag! Danke
Lorenzo [martedì 2 febbraio 2021, 18:42]
Grazie mille, Joël! 🙏