Monte Prosa, cima ovest, 2730 m
Dal Passo del San Gottardo alla cima ovest del Monte Prosa, con imprevisto meteorologico nei pressi della vetta.
di Lorenzo Clementi |
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25 luglio 1783, Horace Bénédict de Saussure raggiunge per la prima volta la cima del Monte Prosa; per la precisione, la sua cima occidentale (2730 m). Questo particolare, riportato sulla guida del Brenna, mi ronza nella mente mentre risalgo la Leventina lungo l'autostrada molto trafficata per il rientro dalle vacanze. Ripercorro mentalmente le differenze tra la prima salita dello scienziato, meteorologo, fisico e alpinista ginevrino e quella che ho in previsione io stamattina. Paesaggio e clima considerevolmente modificati dall'uomo, materiali e tecnologia oggi molto più evoluti di allora, per non parlare dei tempi di percorrenza per raggiungere il Passo del San Gottardo, ridotti da alcuni giorni a circa un'ora (...colonne in autostradale permettendo).
Partito verso le 9 dal passo, seguo per alcune centinaia di metri la strada asfaltata che porta al Lago della Sella, poi la lascio per salire su pendii erbosi, a tratti ripidi, in direzione dell'attacco della cresta S.
Alla quota 2479 m ripongo i bastoni nel sacco e indosso il casco, qui ha inizio quella che il Brenna descrive come «una bella cresta su roccia solida, con passaggi d'arrampicata fino al II grado». Confermo: la roccia è davvero bella; l'arrampicata facile e divertente. Senza troppi problemi raggiungo l'anticima ovest, a 2730 m (denominata Cima De Saussure dal Brenna).
Un paio di foto e mi incammino verso la cima principale ma, un attimo dopo, sono completamente immerso in una nuvola, della quale non avevo notato l'imminente arrivo: la visibilità è limitata a 2 o 3 metri. "Poco male, per arrivare in cima si segue la cresta", mi dico. Proseguo ancora un po', fino a quando questa si impenna repentinamente. C'è un passaggio un po' più ostico, che cerco di evitare a destra, senza successo, non fidandomi del terreno scivoloso composto da terriccio e sassi instabili.
Ritornato sui miei passi, estraggo il cellulare: l'applicazione di swisstopo mi aiuterà senz'altro a capire dove sono e dove è meglio passare. Il GPS, tuttavia, che mi indica sempre il punto dell'Ospizio, 700 metri più in basso: il segnale è schermato dalle nuvole. Tento di evitare l'ostacolo a sinistra, ma anche qui il terreno è infido. Aspetto qualche minuto ma la situazione non migliora e, dopo aver ravanato ancora un po', decido di fare ritorno sui miei passi.
Così come si è formata, nel giro di alcuni secondi, la base della nuvola si alza: mi rendo conto di essere andato avanti troppo sulla cresta WNW, che lascio dunque a sinistra per scendere il versante percorso dai primi salitori: saranno anche passati 236 anni dall'impresa di De Saussure, ma la montagna riserva ancora delle sorprese e richiede rispetto, malgrado la tecnologia di cui disponiamo ai giorni nostri.